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Trend neo-punk nelle sfilate A/I 2013-2014

Tempo di sfilate nella moda e ormai è chiaro: il punk è ancora fra noi e sta cambiando i canoni dell’abbigliamento femminile.
 

Dimenticate l’immagine stilnovista rassicurante della donna angelo del focolare: la nuova figura di donna che le passerelle propongono, a Londra come a Milano, è una creatura intrisa di inquietudine e di mistero.
Non la solita mangiatrice di uomini, ma con un’inequivocabile attitudine a circondarsi di oggetti scaramantici dal valore apotropaico, come la ricca e benestante signora di Prada, tutta capelli bagnati, pelliccia e borsa di cocco.
Una donna che sa quello che vuole, conosce le difficoltà del vivere quotidiano e lotta per il suo riconoscimento lavorativo.

 

Ecco quello che afferma Donatella Versace: “Non è mai troppo quando una donna si ribella. A cosa? Ma a tutto! Non occupa le stesse posizioni dell’uomo e non viene mai premiata abbastanza per quello che fa. Subisce ancora troppe violenze e deve difendersi, ancora una volta”.
E’ l’immagine di una donna che sa di poter avere più potere, una cruda, fredda, abrasiva creatura metropolitana, che non può non richiamare alla memoria i codici stilistici del movimento punk degli anni ’70. La Versace, però, tiene a precisare: il suo “Vunk” (con la V di Versace) non ha niente di nostalgico: jeans skinny e bustier in vinile, visone giallo sulle spalle, intarsi di borchie e aculei su tutto il corpo.

 

Un vento ribelle che scuote anche gli imperturbabili esotismi di Veronica Etro, che propone autentiche metrowarrior dai cappotti tridimensionali in pelle e zip con giochi caleidoscopici alla Escher.
Ma non solo a Milano il punk ha lasciato il segno. Ne è prova la collezione presentata a Londra di Rossella Jardini, art director di Moschino, che per la terza volta ha fatto sfilare Cheap & Chic nella capitale inglese, sempre più ombelico del mondo.
Vi ricorda qualcosa? Ma sì! E’ proprio a Londra il Punk ha trovato nuova linfa nuova negli anni ’70 per merito del marito della più nota stilista inglese Vivienne Westwood, Malcom McLaren, fondatore di un gruppo che ha scritto la storia della musica, i Sex Pistols.

 

E se siete appassionati di borchie & Co., non potete non mancare all’evento cultural-fashion promosso dal Metropolitan Museum sotto l’egida di Anna Wintour e Vogue America, intititolato “Punk. Chaos to couture”.
Dal 9 maggio a settembre, i riflettori dello stile saranno puntati sul processo attraverso il quale la moda ha fagocitato con il tempo i simboli dello stile punk, dagli anfibi alle zeppe.
Testimonial della serata inaugurale del 6 maggio, Riccardo Tisci, designer di Givency.

 

Se, invece, non siete delle punkettare molto ardite, provate l’ebbrezza della ribellione negli accessori.
Niente di meglio di una borsa o scarpa Ruckstud di Valentino, diventata ormai un vero best seller, o il Collier de chien di Hermès, un sorta di collare per cani in versione braccialetto chic.

 

Budget limitato? Non preoccupatevi: Zara ed H&M ci aiuteranno anche nel prossimo inverno.

Una primavera black&white

Non so se sia capitato anche a voi di chiedere consiglio a vostra madre sul colore di un abito o di pantalone.
A me sì, molte volte, e la risposta è sempre stata sempre: nero, nero, nero, o, al massimo, bianco e nero, “perché sono due colori che non vanno mai fuori moda”.
Certo è che in questa stagione P/E 2013 il gioco degli opposti black&white sarà un must: mai scontato, se si opta per abiti bicolor per la sera o pezzi di inaspettate proporzioni per il giorno, come un top asciutto ed una gonna lunga a tulipano (Gianbattista Valli docet).
Se però questo revival vi sembra scontato, cosa ne dite di osare con una psichedelica scacchiera alla Marc Jacobs per Louis Vuitton?
Eh sì, perché quest’anno saremo sommersi da un optical wave, uno tsunami di strisce, scacchi e geometrismi, dal quale non potremo sottrarci.

 


 

Da allora, tutti, da Capucci, a Valentino, a Lanvin si sono lasciati travolgere da motivi a spirale, curve e rettangoli, fino a giungere ai giorni nostri, con i vari Moschino, Issey Miyake e Gareth Pugh.

Insomma, sarà per quel gusto un po’ retrò, o per il richiamo ad un’arte ancora oggi d’avanguardia, ma eccoli di nuovo qui i pattern a scacchiera, le bordure, i cerchi, le applicazioni, gli effetti ottici black&white.
Rigorosi, ma anche tendenti al gusto per l’eccesso di cervellotici grafismi. Ce n’è per tutti i gusti, insomma.

 

 

Poteva il mondo della moda lasciarsi sfuggire l’opportunità di fagocitare e cannibalizzare questo inedito dinamismo ipnotico? Certo che no, e così i geometrismi bicolor di Mary Quant e di Ossie Clark invadono le strade della Swinging London e le copertine delle riviste di tutto il mondo, in attesa che un grande genio come Yves Saint Laurent consacri l’illusione ottica con la collezione Fall/winter 1966, con l’arcinota silhouette di donna stampata su un alquanto essenziale long-dress.

Ma quando e dove nasce questa corrente? In effetti, il termine “corrente” è appropriato, visto che in origine si parlava di Op-art in quel della Grande Mela: siamo negli anni ’60 della contro-cultura, della venerazione degli eccessi e del culto per la psichedelia.
I padri fondatori del movimento, Victor Vasarely e Bridget Riley, studiano la percezione visiva e, cercando di ingannare l’occhio umano attraverso motivi grafici, riescono a riprodurre illusioni ottiche sulla tela, per generare straniamento e distorsione cognitiva nel fruitore.

Victor Vasarely, Zebra

Ossie Clark con una sua creazione

Yves Saint Laurent

Se proprio la febbre da pattern geometrico non fa per voi, in alternativa, provate a concentrare l’overdose geometrical sugli accessori:  la variante della borsa cult Prismick di Roger Vivier o il sua sandalo coordinato non potranno non farvi ricredere.
Budget permettendo, naturalmente!

A.A.A cercasi colori di tendenza P/E 2013 

Ebbene sì.
Ogni anno sempre il solito dubbio: quali saranno i colori star della prossima stagione (oltre al bianco e al nero, naturalmente)?

 

Per fugare ogni incertezza, la società statunitense Pantone, guru mondiale del colore ed unica, vera e autentica autorità in questo campo, stila ogni sei mesi l’elenco delle tonalità most wanted, viste sulle passerelle di New York, mettendole a disposizione di “noi profani”.
 

Per la Primavera-estate 2013, Pantone parla di “Balancing Act”, ossia il bisogno da parte dei consumatori di una palette equilibrata ed armoniosa, ottenuta tramite l’accostamento di tonalità nuove e classiche, luminose e tenui.
Un equilibro creato dalla giusta presenza, non contrapposizione, di opposti “per permetterci di trovare armonia nel ritmo frenetico della nostra vita di tutti i giorni”, come afferma Leatrice Eiseman, executive director del Pantone Color Institute.

 

Se dovessimo scegliere un colore da indossare per tutto il 2013? Puntate sul verde smeraldo, eletto colore dell’anno.
Per quanto riguarda le altre tonalità, nella P/E 2013 tutte le gradazioni del verde andranno bene: dal verde mela squillante e vivace, alla giada screziata di grigio, sommessa e riposante.
Non potrete sbagliare nemmeno con alcune gradazioni di azzurro, ma, mi raccomando, nelle varianti del celeste e del blu navy, sempre una garanzia con il caldo estivo.

 

Tutti toni freddi, quindi? No, manca la controparte bollente del rosso garofano, dell’arancio e del giallo, fino al beige.
Però, ricordate che i total look rosso, arancio o giallo sono un rischio per gli occhi di chi vi guarda.
Se non volete abbagliare gli ormai timidi esemplari maschili in circolazione, meglio concentrare il tocco di colore in un pezzo, magari in un accessorio.

 

A meno che non si parli di un outfit rosso Valentino

La "Miciomania" colpisce ancora

 

 

Segni particolari:

abbigliamento e trucco che occhieggiano ad un look da elegante felino;

soprannomi particolarmente affettivi - "Amore" su tutti - e baci dati al vento non al partner, ma al vostro animale domestico; conversazioni con gli amici incentrate sulle gesta del vostro micio, come se si stesse parlando di un figlio.

Se vi riconoscete in questo identikit, sappiatelo: siete stati colpiti da una grave forma di schizofrenia chiamata "Miciomania" e che, no, non esiste cura, ve lo posso assicurare...Anch'io ne sono affetta.





















 

 

















Altra vittima illustre è l’uomo che guida la maison della doppia C, Karl “The Kaiser” Lagerfeld, che sulle colonne di Harper’s Bazaar ha raccontato la sua recente affinità elettiva con la siamesina Choupette, diventata già un’icona di Twitter grazie al ghostwriter Asley Tshoudin, con l’account @Choupettes Diary, seguito da più di  25mila follower.

E come biasimarli? Una gattina che festeggia il suo compleanno con un tortino di gamberi prelibati, è seguita 24h su 24h dalle amorevoli cure di due tate e di un veterinario, mangia in piatti di Goyard e ha come passatempo prediletto le shopper di Colette non poteva che conquistare il popolo degli internauti fashionisti.
Se poi lo stesso Karl si fa ritrarre con due orecchie da gatto sulla chioma candida e il september issue di V magazine ha dedicato un redazionale di dieci pagine con Letizia Casta in posa con Choupette, c'è poco da aggiungere .

 


 

 

 

Giorgio Armani

Ma non vi preoccupate, siamo in buona compagnia, perché se prima il morbo era prerogativa degli intellettuali - basti pensare a Petrarca, Tasso, Baudelaire e D'Annunzio - negli ultimi anni un’altra categoria di geni creativi è stata contagiata: gli stilisti.

Il primo a rimanere soggiogato dai dolci “prrr” felini è stato Re Giorgio.
In uno dei suoi ritratti più belli, abbraccia teneramente uno dei suoi Scottish Fold, una razza nordica di gatto dall’orecchio piegato, selezionata per la prima esposizione felina universale del 1871, voluta niente di meno che dall’algida Regina Vittoria.

Karl Lagerfeld con Choupette ed un ritratto del gatto disegnato dallo stilista

Redazionale di V magazine con Letizia Casta e Choupette

Dopo secoli oscuri di odio per ragioni religiose, l'amore verso i gatti è tornato: da Penelope Cruz ritratta con uno stuolo di gatti neri per il calendario Campari, al make-up per seducenti “Cat-Eyes” che spopola; dalle bluse con stampa felina ai libri dedicati ai mici, uno su tutti il pamphlet “Gatti di potere, I gatti consiglieri dei Grandi della Terra”.

Calendario Campari

Nekokaigi,  Cat-Cafe di Kyoto

Per non parlare della tendenza dei Cat-Cafè, nati a Taiwan, ma diffusisi presto in tutto il Giappone come risposta ai rigidi regolamenti condominiali che impediscono di tenere un animale domestico nei micro-appartamenti del Sol Levante.

I Neko-Cafè ("Neko" sta per "gatto") sono diventati un fenomeno di costume - ce ne sono oltre un centinaio in tutto il Paese - ed offrono un'ora di coccole ai gatti presenti nel bar al prezzo medio di 7 euro.
Non dimentichiamoci che i monaci nipponici venerano il "Maneki Neko" bianco dalla zampina alzata, il gatto della fortuna.

Una tendenza che sta cercando di diffondersi anche nel vecchio continente: a Vienna è stato fondato il Cafè Neko in Blumenstockgrasse 5 l'anno scorso, mentre a Londra, grazie alla generosità dei lettori del quotidiano The Indipendent, se ne aprirà uno in Old Street, che ospiterà 10-15 felini provenienti dalla Mayhew Animal House di Kensal Green.



 

 











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